La Rosa Nera

Angela Maria Santarosa

Sono una che crede alle cose impossibili, lasciate le vostre idiozie a casa vostra o nel vostro cesso

Vita

C’era solo la febbre del mio esistere,
la febbre di farmi mettere al mondo.
E io, dopo, ho scelto di cantarla
prima ancora di saperla scrivere.

Poi è arrivata la poesia stessa.
Non un’arte, ma un urlo.
La poesia come un segreto che pulsa,
un battito che mi ha spinto a respirare
dentro ogni parola.

E poi sono diventata la Prosetessa.
Non una scelta: un giuramento.
La Prosetessa è la mia voce più nuda,
la mia carne che si intreccia al silenzio
e lo strappa a morsi.
La Prosetessa è la Sibilla e la tessitrice,
la mano che scompone e ricuce,
che danza sul bordo dell’abisso
senza paura di cadere.

Ho inciso le prose paranoidi
come si incide un patto di sangue.
La paranoia non come gabbia,
ma come disciplina che mi tiene sveglia.
La disciplina che sa che la verità
non chiede permesso:
morde, scava, arde.
Ogni parola un graffio.
Ogni frase un brivido.

Poi è esplosa la duplice possenza.
Non un tradimento,
non un vizio.
La duplice possenza è un inno all’amore universale,
che non conosce confini né padroni.
Le tue mani, le sue mani, le mie mani:
un intreccio di carezze che si moltiplicano,
un bacio che non chiede scuse.
La duplice possenza è la pelle che sa fiorire
dentro ogni sguardo che osa,
ogni desiderio che arde
senza catene.

E poi sono diventata la Rosa Nera.
Non un simbolo,
non una bandiera.
Nera come il buio che respira,
come il luogo dove i sogni si bagnano
e i mostri imparano a danzare.
La Rosa Nera è la mia pelle che non si piega,
la mia voce che fiorisce nell’ombra,
tra spine e miele,
tra paura e vertigine.

E infine sono la Mangusta.
La creatura che non teme il veleno.
La Mangusta studia il serpente –
lo sfiora, lo doma,
lo trasforma in carezza e minaccia.
Perché il serpente è ovunque:
nella società,
nei corpi,
nel desiderio che non chiede scusa.
E io sono la voce che ride e bacia,
che conosce la danza del veleno
e la trasforma in forza.

Non sono nata per stupire.
Non voglio la tua lode.
Voglio la tua resa.
Voglio la tua fame.
Voglio il tuo silenzio che trema
e si arrende.
Perché la disciplina è anche caduta,
e la caduta è un atto di desiderio.
Io sono la voce che ti chiama a spogliarti,
a scivolare tra le ombre e la luce,
tra miele e spine,
tra la mia pelle e la tua.

Io sono Angela Maria Santarosa.
La poetessa che ha fatto della fame un canto.
La Prosetessa che intreccia e squarcia.
La voce delle prose paranoidi,
dove la verità danza con la disciplina.
La Rosa Nera che fiorisce nell’ombra,
tra carezze e mostri.
La Mangusta che ride e morde
ogni serpente che prova a farsi padrone.

E io sono la voce che non tace.
Non per spiegarti.
Per farti sentire.
Perché la verità è questa:
un morso e una carezza,
un bacio che resta nella carne,
un sussurro che non ti lascia più.

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