Le onde uscirono dall’oceano e si fecero largo a tentoni fra gli scogli e lentamente si fermarono, barcollando sotto la luce del faro che fece loro strada oltre gli scogli, dove si aprì una distesa palustre inframmezzata da aree ricoperte di carici e schiuma, fino alla spiaggia. Una spiaggia simile a quella dove poco prima avevano espirato il vento, solo che il vento stavolta non c’era. Stavolta sembrava che il vento non respirasse più…
E l’oceano morì.
Tutto intorno era silenzio, appena segnato da un timido canto di civette, reso ancora più lugubre dal pallore della luna, che si nascose dietro le nuvole per il disonore, del quale in un modo o nell’altro voleva liberarsi…
Le nuvole si commossero e piansero sul mare per ore, tanto che il cielo si adirò e urlò un vento che percosse la palude: si formarono trombe d’aria che rianimarono l’acqua stagnata e la riportarono bruscamente al mare…
L’oceano riprese a danzare dall’orizzonte alla spiaggia e la luna tornò a brillare fino all’alba.
Fu una grande festa.
Le onde acquattate una vicino all’altra sembravano tutt’uno con l’Oceano, immenso , burrascoso, ma tanto gentile e gaio.
Perché le onde erano fuggite via dall’acqua? Perché chiunque fa un po’ come gli pare senza valutare le conseguenze delle proprie azioni, spesso, sconsiderate?
Forse perché l’abitudine stanca, anche se è una bella abitudine, anche se il posto dove devi stare è quello lì, ed è il motivo per cui sei stato creato; ma in fondo, sai che devi ripartire, tornare nel luogo in cui sei destinato a vivere e che c’è sempre un motivo a tutto.
Perciò, non farmi arrabbiare!